Umberto I
Era un piroscafo a un elica di 2766 tonnellate di stazza lorda, dimensioni di stazza 106 x 12 x 10,
immatricolato nel compartimento di Livorno dall’armatore G. Orlando.
Lo scafo era stato costruito da MCMillan & Sons di Dumbarton nel 1878, era in ferro, a due ponti, tre ordini di bagli e sette paratie stagne con doppiofondo parziale. Era dotato di una caldaia ausiliaria di chilogrammi 7, illuminazione elettrica e impianto refrigerante che erano stati installati durante una grande riparazione effettuata sulla nave nel 1913.
L’apparato motore, anch’esso del 1878, era della ditta J.J. Thonson di Glasgow, potenza 3250 cavalli indicati ( 672 nominali ).Era composto da una macchina a vapore a triplice espansione a tre cilindri fornita al momento dell’affondamento di quattro caldaie a tubi d’acqua a quattro forni della Babcock e W. di Londra.
Fu la prima nave italiana di tipo veramente moderno e fu anche la prima ad avere la più alta classe inglese.
Aveva una velocità di oltre 14 miglia orarie, sontuosi alloggi a poppa per 98 passeggeri in prima classe e, al centro della nave, per 80 di seconda classe, portata di emigranti sino alle 800 unità. L’equipaggio era composto da circa 80 persone.
Entrò in servizio nella flotta di Rocco Piaggio composta inizialmente da due unità e poi da cinque unità per il trasporto degli emigranti sulla linea sudamericana. Dopo il 1883 l’Umberto I° passò alla Navigazione Generale Italia continuando ancora per un decennio la navigazione atlantica.
Nel 1894 fu tolto dal servizio oceanico e posto sulla linea egiziana dove rimase per tredici anni. Nel 1896 fu impiegato a Massaua come nave ospedale e poi navigò sulla linea celere Napoli – Palermo – Tunisi. Nel 1913 fu venduto all’armatore Orlando. Al momento del disastro a bordo non vi erano passeggeri. La nave era stata militarizzata e contava 80 membri di equipaggio di cui 39 militari. 26, che facevano parte del personale di macchina, morirono assieme ad altri addetti che si trovavano negli spazi chiusi.
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Il personale dei rimorchiatori e i pescatori di Albenga furono proposti per una ricompensa al valore di marina. Al Comandante Militare Pagani e al tenente Commissario Ruspini fu conferita la medaglia d’argento al valore militare, al radiotelegrafista Coen la medaglia di bronzo, al Comandante Astarita la croce di guerra. Il Capitano di Macchina Oscar Ratti, deceduto nel sinistro, fu proposto per una medaglia d’argento al valor militare.